Il corsaro
delle Eolie
di Leandro Del Gaudio
Capitan Felice, bandana blu e piedi scalzi, è famoso in tutto
l'arcipelago come il suo veliero
"Sigismondo" che portò a Stromboli
Rossellini e la Bergman. Una lunga storia di
mare. Una sola infelicità: la morte di
Skipper, il suo cane campione di tuffi.
Una
bandana blu in testa, gli occhiali scuri,
baffoni sul volto abbronzatissimo, camicione
e pantaloni a righe bianche e blu, e i piedi
rigorosamente scalzi. Potrebbe essere pronto
per un film sui pirati. Le sue grosse mani
muovono con sicurezza la ruota del timone
della sua barca leggendaria, un veliero
tutto in legno. La barca va sul mare delle
isole Eolie. Lui è capitan Felice Merlino e
cela gli anni sotto un fisico poderoso.
Capitan Felice è una leggenda
dell'arcipelago, come la sua barca. È il
corsaro delle Eolie. Ne conosce i capricci
del mare e i soffi del vento, conosce i
segreti delle isole, gli approdi più ardui,
i panorami più intimi. Si destreggia alla
ruota del timone. S'infila nella caletta di
Salina, l'isola dove sono state girate
alcune scene de "Il postino" con Massimo
Troisi. Raggiunge la baia di Saluzzo dove è
possibile scorgere la città romana sommersa.
Sosta davanti allo spettacolo della sciara
di fuoco di Stromboli. È il padrone di tutto
l'azzurro di Filicudi, l'isola dove è nato.
Non c'è un nocchiero migliore per i turisti
che lui maltratta ironicamente, gli parla in
siciliano, gli urla di guardare e ammirare
il paradiso che lui solo sa navigare con
perizia. La sua barca ha il nome di illustri
sovrani: "Sigismondo". E una storia che
racconta. "Questa è la barca che ha portato
a Stromboli la troupe di Rossellini per il
film con la Bergman. Era il 1948. Un viaggio
avventuroso nell'arcipelago quando una sola
nave raggiungeva le isole".
"Minchia", dice capitan Felice, il suo
inevitabile intercalare quando parla, un
torrente di parole, accompagnato da grandi
gesti. "Sono nato a bordo di una nave, sono
nato libero, per il mare, e ho fatto tutti i
mestieri per diventare marinaio. Sono figlio
di emigranti. I miei sono andati in
Argentina dove mi stanno ancora aspettando.
Ma io non posso allontanarmi da questo mare.
È la mia vita e la mia libertà". Aggiunge un
altro intercalare rude e prosegue: "Sono
nato a Filicudi che è uno scoglio, che
quando c'è il mare grosso non la puoi
avvicinare, deve venire l'elicottero se c'è
una necessità urgente".
Estate e inverno, sempre vestito allo stesso
modo, d'inverno solo un ruvido maglione di
lana blu e un paio di scarpe senza calze.
"La giacca e la cravatta le ho messe una
volta sola, davanti all'altare quando mi
sono sposato. Perché io sono stato anche
sposato, ho figli e sono diventato nonno".
Sul continente non c'è mai andato. "Il
continente non esiste. Sono nato a Filicudi
ed è tutto quello che conosco, Filicudi e
questo mare, e le altre isole. Il continente
non mi interessa. Che cosa c'è sul
continente? Niente che possa somigliare a
questo. Io guardo a quelli che vengono dal
continente e salgono sulla mia barca. Non li
vedo felici. Io sono felice che è anche il
mio nome, mai più appropriato. Noi delle
isole siamo speciali. Capiamo le cose più in
fretta degli altri perché ci svezzano
subito, ci buttano in acqua e dicono: guarda
che se vuoi sopravvivere devi imparare a
nuotare: E poi ci dicono devi andare per
mare, devi viaggiare, devi sapere approdare.
Ma anche devi rispettare chi è diverso da
te, devi accettare tutti. Questo lo può fare
un isolano. Se nasci su un'isola, hai una
visione della realtà diversa da chi sta
sulla terraferma, sul continente".
La felicità del corsaro delle Eolie è
genuina. L'ha interrotta, negli ultimi
tempi, la morte del bastardo bianco mesciato
che l'accompagnava ovunque, che era di casa
sul veliero, che era il beniamino dei
turisti. "Era diventato vecchio. Si chiamava
Skipper. Mi ha lasciato e non doveva farlo.
Faceva parte della mia felicità. Era un
tuffatore e un nuotatore speciale. Coi suoi
tuffi dava spettacolo. Si lanciava dalla
barca e i turisti lo applaudivano. Era
allegro. Mi ha lasciato a quattordici anni.
Senza Skipper la vita non è più la stessa.
Ma bisogna continuare, andare, e anche il
veliero ha bisogno di tutte le mie cure. Ma
il veliero non mi parla, ha un cuore di
legno. Skipper mi parlava coi suoi occhi
buoni e ridenti, coi suoi tuffi, con la sua
compagnia dolce, quando ci accoccolavamo a
poppa a guardare le stelle, di notte. Aveva
il respiro di un uomo, i sentimenti di un
uomo".
L'isola - Numero 5 - Agosto 2003 |